ARTICOLO - Vittorio Emanuele III di Savoia: il re soldato al fronte
Articolo - Roma
Con il proclama reso noto il 26 maggio 1915, a distanza di due giorni dall’inizio delle ostilità sul fronte italiano, il re d’Italia Vittorio Emanuele III di Savoia inizia la propria esperienza al fronte. Proprio quel giorno, infatti, il sovrano lascia la capitale in treno per dirigersi verso il paesino di Torreano di Martignacco, in provincia di Udine, dove stabilisce il suo quartier generale presso Villa Linussa, immediatamente ribattezzata villa Italia.
Per rispettare il protocollo il re porta con sé un considerevole gruppo di accompagnatori tra cui il Primo aiutante di campo, il generale Ugo Brusati, che quotidianamente si reca con lui durante i suoi spostamenti in automobile verso il fronte. Il sovrano prende, sin da subito, l’abitudine di presentarsi all’improvviso senza avvisare e ciò irrita specialmente il capo di Stato Maggiore dell’Esercito, il generale Luigi Cadorna, un militare di rigida formazione che preferirebbe non avere interferenze nella gestione delle operazioni di guerra.
Nonostante il suo carattere schivo e introverso Vittorio Emanuele III appare ai corrispondenti che si trovano al fronte come una persona semplice e tranquilla che tenta per quanto sia possibile di condividere i disagi dei propri soldati ai quali, molto spesso, rivolge alcune domande e offre qualche sigaro. Alcuni testimoni affermano anche di aver visto più volte il re assaggiare il rancio dei fanti per accertarsi della qualità del cibo. Ogni giorno egli effettua delle escursioni lungo la linea del fronte portando con sé l’inseparabile macchina fotografica con la quale scatta centinaia di fotografie dei vari avamposti militari ispezionati e nell’ora del pranzo consuma un pasto frugale stando sdraiato sull’erba e in compagnia dei suoi attendenti più fidati.
Dopo l’avanzata iniziale la situazione sul fronte italiano si stabilizza così come sta avvenendo negli altri teatri del conflitto. Per quel che riguarda l’aspetto militare il sovrano non è per niente entusiasta della decisione di Cadorna di conquistare Gorizia poiché intravede il pericolo di un indebolimento della linea difensiva. Il 24 ottobre 1917 si trova a Torreano quando le divisioni tedesche e austriache travolgono le linee difensive italiane nei pressi di Caporetto e dilagano verso il fiume Tagliamento. Dopo essere accorso a Udine da Cadorna per ricevere aggiornamenti sulla situazione, Vittorio Emanuele III raggiunge le località di Attimis e Nimis dove accerta personalmente la gravità del disastro militare.
A pagare per tutti è il generale Cadorna che viene sollevato dall’incarico e sostituito da Armando Diaz, un generale con discrete qualità militari e maggiormente disposto rispetto al suo predecessore a scendere a patti con il potere politico. L’8 novembre 1917 si tiene a Peschiera un convegno al quale prendono parte i comandanti militari e i primi ministri inglese e francese per esaminare nel dettaglio la nuova situazione creatasi sul fronte italiano. Nessuno degli italiani presenti all’incontro parla le lingue e, dunque, spetta a Vittorio Emanuele III dirigere la discussione. Il sovrano italiano riesce a essere convincente e a raggiungere i propri obiettivi: il mantenimento delle posizioni italiane di difesa sul Piave, nonostante l’insistenza degli alleati per una ritirata sull’Adige, e l’invio di rinforzi militari da parte di francesi e inglesi.
Esaltato per l’azione diplomatica svolta, il sovrano non si vanterà mai di questo risultato politico raggiunto e a distanza di qualche anno, in un colloquio con un suo attendente, definirà l’incontro di Pescheria come un semplice “episodio montato dalla stampa”. Forte dell’appoggio promesso dagli alleati il re, il 10 novembre, emana il proclama “Per la patria e per la vittoria” rivolto a tutti gli italiani, con il quale sprona i propri cittadini a essere “un esercito solo” invitandoli anche a mettere da parte ogni viltà, discordia e tradimento per raggiungere insieme la vittoria finale.
Qualche giorno dopo la fine delle ostilità sul fronte italiano Vittorio Emanuele III rende omaggio alla tomba del patriota Cesare Battisti e il 10 novembre 1918 arriva in nave a Trieste dove viene accolto da una folla festante che gli manifesta enorme affetto. Per il sovrano sembra essere giunto il momento di tornare a una vita più tranquilla, come quella condotta fino allo scoppio del conflitto, ma le conseguenze sociali e politiche del conflitto si manifesteranno immediatamente in tutta la loro drammaticità.
L’impegno profuso da Vittorio Emanuele III durante la Prima guerra mondiale e l’interesse da lui dimostrato verso le condizioni dei soldati dell’esercito sono notate dall’opinione pubblica che da quel momento gli attribuisce il soprannome di “Re soldato”, come da buona tradizione per ogni sovrano Savoia: Vittorio Emanuele II per via del comportamento fermo e coraggioso che ha tenuto nei confronti degli austroungarici nel periodo Risorgimentale viene ricordato “Il re Galantuomo” mentre Umberto I è stato soprannominato “Re buono” dalla propaganda ufficiale e “Re Mitraglia” dagli oppositori politici.
È interessante notare la scelta del termine “soldato” da parte della stampa dell’epoca che anziché utilizzare un vocabolo più onorifico per un sovrano decide, invece, di impiegare un termine semplice e popolare. Con Re soldato, dunque, si vuole dare l’immagine di un sovrano che non si limita soltanto a comandare l’esercito, ma che tenta di mischiarsi con gli uomini più umili e di grado inferiore che compongono la truppa.
Nelle fotografie scattate al fronte e pubblicate anche sui periodici italiani e stranieri Vittorio Emanuele III è immortalato nella sua divisa grigioverde in occasione di cerimonie pubbliche per la premiazione di reparti dell’esercito, durante visite ufficiali di autorità straniere e colloqui con comandanti militari e nelle sue quotidiane ispezioni delle trincee e delle linee di difesa. Tra le risorse disponibili nel portale è presente anche un’interessante minuta scritta dal politico calabrese Colosimo Gaspare che offre un resoconto di una conversazione avuta con il re il 15 gennaio 1918 a Villa Ada, durante la quale Vittorio Emanuele III constata compiaciuto il fatto che dopo Caporetto “un furor di patriottismo” abbia invaso l’esercito e uno spirito di reazione si sia “vivamente imposto tra le truppe”.
Fonti:
Silvio Bertoldi, Savoia. Album dei re d’Italia, Rizzoli, 1996.
Antonio Gibelli, La grande guerra degli italiani 1915-1918, Rizzoli, 2011.
Emilio Gentile, Due colpi di pistola, dieci milioni di morti, la fine di un mondo : storia illustrata della grande guerra, Roma: GLF editori Laterza, 2016.
Articolo consultato:
Antonella Mauri, « Il re soldato. L’immagine di Vittorio Emanuele III
nella prima metà del XX° secolo attraverso le copertine della Domenica del Corriere », Italies [online], 19 | 2015, online dal 30 marzo del 2016, consultato il 27 agosto 2020.
URL : http://journals.openedition.org/italies/5204; DOI: https://doi.org/10.4000/italies.5204