ARTICOLO - I servizi di trasmissione e osservazione durante la Grande Guerra

13/07/2018 - Articolo - Roma

La prima guerra mondiale fornì un notevole impulso allo sviluppo di nuove tecnologie, tra cui quelle legate al settore delle trasmissioni, che vennero impiegate dalle varie potenze sia per facilitare la comunicazione al fronte, tra i diversi reparti, sia per le azioni di spionaggio. All’interno del Regio Esercito Italiano fu il Genio che si occupò dei servizi di trasmissione e osservazione attraverso i telefonisti, i radiotelegrafisti, i telegrafisti, fototelegrafisiti, gli aerostieri, i piccioni viaggiatori e i foto elettricisti.

 

Con l’avvento della telefonia alla fine dell’ottocento era già stato fatto un passo avanti e il conflitto rappresentò l’occasione ideale per affermare l’uso del telefono da campo, il cui primo modello, in Italia, era stato realizzato dal capitano del Genio militare Gaetano Anzalone nel 1908. Tale telefono era contenuto in una cassetta di legno e il collegamento avveniva attraverso cavi aerei, collocati su pali o sistemati su alberi. Il compito del telefonista, era quello di accompagnare il comandante durante le ricognizioni, di trasmettere tempestivamente gli ordini ai comandi, alle prime linee e alle retrovie e la sua postazione privilegiata erano solitamente gli osservatori.

 

Nel corso della guerra l’impiego della radio, non si limitò soltanto al campo di battaglia ma ebbe un rilevante incremento anche nell’aviazione. All’inizio delle ostilità in Italia nessun aeroplano era fornito di radio, così nel 1915 si decise di eseguire presso il campo di Mirafiori a Torino un primo esperimento che diede ottimi risultati: si trattava di un piccolo trasmettitore a scintilla di tipo sperimentale costruito dalle Officine Marconi. Proprio il fisico Guglielmo Marconi fu il principale artefice di questi esperimenti; prima in qualità di ufficiale del Genio e poi della Marina, egli contribuì a migliorare le prestazioni delle comunicazioni a distanza radio militari.

 

Senza dubbio il servizio più innovativo offerto dalla radio nel campo dell’aviazione fu quello di consentire la comunicazione con le stazioni di terra. Tra i velivoli quelli maggiormente impiegati dai diversi eserciti furono i palloni-aerostatici da osservazione ( il “Pallone-Drago” italiano, la “Saucisse” dei francesi, il “Drakken” inglese).

Il loro obiettivo era quello di osservare dall’alto il campo nemico e rilevare la posizione dell’artiglieria. Inizialmente gli osservatori a bordo del velivolo, tramite segnalazioni manuali o con bandiere, riuscivano a segnalare in tempo reale al Comando quello che stava avvenendo ben oltre le posizioni occupate; nell’ultimo periodo della guerra, invece, il servizio venne perfezionato e svolto in modo molto più efficace: l’osservatore seguiva ininterrottamente a bordo dell’aerostatico l’effetto della propria artiglieria e ne radiotelegrafava al proprio Comando i risultati. Egli poi marcava su una carta a quadretti numerati l’effetto degli esplosivi e ne trasmetteva le coordinate al Comando, accompagnate da altri numeri che indicavano il risultato ottenuto.

Per un approfondimento sulla radiobalistica è possibile consultare quattro opuscoli di notevole interesse all’interno del portale 14-18

 

I Radiotelegrafisti, che ancora oggi sono chiamati “Marconisti” in onore di Guglielmo Marconi, svolgevano servizi di intercettazione radiotelegrafica per il servizio di informazioni e per il controllo del traffico radiotelegrafico richiesto dai comandi superiori. In questo ambito il loro compito era quello di intercettare le comunicazioni radiotelegrafiche sia quelle nemiche (per il servizio di informazioni) che le nostre (a scopo di sorveglianza). Si scatenò, in tal modo, una nuova forma di “intelligence”, una guerra tra codebreakers (violatori di codici) che si andò ad affiancare a quella combattuta sui campi di battaglia e nella quale svolse un ruolo di notevole rilievo l’ufficiale del Genio Luigi Sacco, che divenne uno dei più abili decrittatori a livello mondiale. A tale proposito il portale mette a disposizione interessanti documenti manoscritti e dattiloscritti che contengono diversi messaggi intercettati dall’Esercito Italiano.

 

Il compito dei telegrafisti era, invece, l’impianto, la manutenzione e l’esercizio delle trasmissioni; in particolare provvedevano alle trasmissioni telegrafiche e telefoniche per filo, mentre la sezione dei foto-telegrafisti si occupava della comunicazione ottica  grazie all’utilizzo dell’eliografo, un telegrafo senza fili che utilizzava segnali in codice Morse sfruttando i lampi di luce solare riflessi da uno specchio. I lampi si ottenevano ruotando lo specchio o semplicemente interrompendo il fascio di luce.

 

Anche durante la Grande Guerra, così come era accaduto nei conflitti dei secoli precedenti, si fece ampio uso dei “piccioni viaggiatori”. Le “colombaie” o “gabbie mobili” funzionavano come centri di raccolta di dispacci portati da questi piccioni viaggiatori e attraverso un sistema elettrico a piastra non appena il piccione rientrava dalla missione, si azionava, con il suo peso, un dispositivo che emetteva un segnale acustico per avvertire i soldati del suo ritorno.  Tutti i paesi belligeranti fecero ricorso a questi volatili, e anche l’Italia, a partire dal 1917, cominciò a utilizzarli per collegare la prima linea con le retrovie.

 

 

Fonti

(Arriva un segnale dal fronte: la radio nella I guerra mondiale, di Giulia Annovi)

 

(L’importanza della radio nella prima guerra mondiale 1914-1918)

 

(Il regio esercito e i suoi archivi. Una storia di tutela e salvaguardia della memoria contemporanea, di Silvia Trani)

 

(I palloni da osservazione, in “La Grande Guerra 1914-1918") 

 

(L’impiego dei Piccioni viaggiatori nella Prima Guerra Mondiale, di Mario Marchisio Giovanni Morei)